Italiana, inglese, americana: non tutte le merendine sono uguali
03.11.2021

La merenda è un pasto importante perché aiuta a ritrovare le energie per studiare, giocare e fare sport senza arrivare troppo affamati all’ora di cena. Non deve però mai essere troppo abbondante, né sostituire i pasti principali. Ma come cambia la merenda nel mondo e perché quella italiana rappresenta la soluzione ideale per grandi e piccini? La definizione non cambia: si chiama merendina in tutto il mondo. Ma non in tutto il mondo è uguale. Per analizzare meglio questo fenomeno, abbiamo presto due esempi di prodotti monodose da forno presenti sugli scaffali della GDO del Regno Unito e degli Stati Uniti scoprendo che hanno davvero poco a che vedere con quelli italiani.

Italians do it better – La merendina italiana non sbaglia: si definisce monoporzione e la rispetta in termini di dosi e calorie. Si tratta infatti di una piccola merenda dal peso medio di 34 g, di cui 9 g zuccheri per circa 136 calorie totali. Non si può dire altrettanto delle sue lontane parenti d’oltremanica e a stelle e strisce, che pesano rispettivamente quasi il doppio (66 g) e più del doppio (81 g), con aumento in proporzione anche di zuccheri (19 g la merendina inglese e 25,9 g quella americana) e ovviamente di calorie che si attestano rispettivamente sui 251 e 344. Prodotti uguali sono in apparenza, ma molto diversi nella composizione e quantità. Interessante sottolineare come il contenuto calorico per porzione delle merendine italiane, rappresenta una percentuale tra il 5% e il 10% del fabbisogno calorico giornaliero della merenda dei bambini dai 7 ai 12 anni, dato che è in linea con le raccomandazioni fornite dalla società italiana per la Nutrizione Umana (SINU) nel suo documento di indirizzo Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana – L.A.R .N.

Il merito delle aziende dolciarie – Il vantaggio in termini nutrizionali delle merendine italiane rispetto a quelle inglesi e statunitensi è frutto anche del contributo che le aziende dolciarie hanno saputo dare per rendere i prodotti da forno sempre migliori. Negli ultimi dieci anni l’industria dolciaria italiana, grazie a un impegno “volontario” condiviso con il Ministero della Salute, ha ridotto nelle merendine il contenuto di zuccheri (-30%), grassi saturi (-20%) e contenuto calorico (-21%), eliminando completamente gli acidi grassi trans e superando addirittura gli obiettivi prefissati con il Ministero. Un risultato reso possibile anche grazie all’innovazione di prodotto in cui l’industria delle merendine investe circa il 2% del suo fatturato (20 milioni di euro) e che nell’ultimo anno ha visto crescere i prodotti delle linee benessere (senza grassi e zuccheri) di circa il 9%. “Dallo studio – afferma Evelina Flachi, nutrizionista a Presidente della FOODEDU, è emerso con soddisfazione che le merendine italiane, oltre ad essere proposte in porzioni più piccole, contengono ingredienti qualitativamente più rispondenti alle esigenze dei consumatori, oggi più attenti e consapevoli.” Dallo studio della Foodedu emerge anche come, seppur in ritardo rispetto all’Italia, anche i Governi di Stati Uniti e Inghilterra stanno avviando concreti programmi tesi a migliorare il profilo nutrizionale delle merendine confezionate.